Biografia di Teramo Piaggio (Zoagli 1485/90 - Genova? 1562?)
Nato a Zoagli tra il 1480 e il 1490 secondo le Vite del Soprani, più
probabilmente tra il 1485 e il 1490. La sua biografia è assai scarna, costituita
da pochi riferimenti ricavati da documenti d'archivio (contratti di commissione
d'opere, attestati di pagamenti, testamenti di familiari), da pitture firmate e
datate, da modeste fonti letterarie.
Il Piaggio fu considerato dalla storiografia tradizionale come strettamente legato ad Antonio Semino. Il Soprani, il Ratti, lo Spotorno, il Lanzi e l'Alizeri hanno dedicato sempre un unico capitolo ai due pittori.
Sul piano dello stile la figura del Piaggio fu
considerata fino all'Alizeri secondaria, se non subalterna, a quella del
Semino, giudicato generalmente come un grande maestro. La storiografia
contemporanea ha ridimensionato la fama del Semino, considerando la sua opera
come un modesto punto di congiunzione tra la maniera antica e quella nuova. Al
giudizio sulla limitata personalità del Semino, confermata dal fatto che avesse
condiviso con il Piaggio la bottega e gli incarichi, fa seguito un giudizio
quasi unanime di mediocrità e di sufficienza nei confronti dell'arte del
pittore di Zoagli, che è stato attualmente sottoposto a revisione, come
vedremo.
Nella biografia artistica di Teramo sono individuabili in modo abbastanza preciso quattro periodi. Il primo periodo inizia nel 1523 con la prima opera attribuitagli (una pala con il Matrimonio della Vergine dipinta per il monastero della Visitazione di Genova), dura circa un decennio, ed è caratterizzato dall'assenza di notizie documentate e di altre opere autografe.
Il secondo periodo è compreso fra il Martirio
di Sant'Andrea del 1532 (è la sua prima opera certa) e il 1537, ed è contrassegnato dal sodalizio con
il Semino. Teramo dipinge a Genova e nella Riviera di Ponente: nel 1535 un
trittico per la Confraternita di San Bartolomeo di Varazze, nel 1536 una Madonna
del Rosario per la chiesa di San Domenico di Savona e, forse nello stesso
periodo, una Madonna in trono col Bambino e Santi in San Paragorio a
Noli.
Il terzo periodo si apre nel 1537 con il
trittico con la Madonna e il
Bambino, S. Margherita e S. Giuseppe o secondo altri, S. Simone,
per la parrocchiale di Santa Margherita di Caperana presso Chiavari, dura fino
all'inizio degli anni Quaranta ed è contraddistinto da una produzione di opere
per il territorio chiavarese, tra cui in particolare il ciclo di affreschi con Storie della Vergine e Storie della vita di Gesù
nel Santuario di N.
S. delle Grazie , alto sul mare tra la sua nativa Zoagli e Chiavari, datato
1539. Il 1537, anno in cui il Piaggio sembra lasciare momentaneamente Genova
per lavorare esclusivamente in affresco e su tavola per una numerosa clientela
del levante, è proprio l’anno della partenza di Antonio Semino per la Spagna.
Il quarto periodo inizia a Genova con la
nomina di Teramo a Console della
Corporazione dei pittori insieme ad Agostino Calvi. Negli anni successivi, la
sua attività è documentata da numerosi atti di commissione; dipinge da solo o
in cooperazione con altri artisti, ma
non più con il Semino che sarebbe rientrato a Genova, anche lui, nel 1543. La
sua attività di pittore, decoratore, indoratore e intagliatore di polittici e
tabernacoli è nota fino a 1555, anno in cui consegna alla chiesa di Santa Maria
di Nozarego, sopra Santa Margherita Ligure, una Maestà della Vergine
dipinta con un compenso di 80 lire. Secondo l’Alizeri risulta morto nel 1562,
anche se il primo documento che lo attesta sicuramente defunto risale al 1570.
Forse fu sepolto nella chiesa di Sant'Agostino a Genova, nei pressi della
piazza Sarzano, dove il Piaggio aveva casa e bottega, e dove era la cappella di
famiglia dei Piaggio, per la quale Teramo aveva dipinto una pala, ricordata dal
Soprani, con Santa Chiara e due Santi Vescovi attualmente nel museo
dell'Accademia Ligustica di Genova.
Sul soggiorno chiavarese del Piaggio si sono
formulate diverse ipotesi. L'Alizeri collega la presenza dell'artista nel
Levante direttamente alla partenza del Semino per la Spagna.. Scrive che egli
«riparò» nei «pineti dell'aprico Zoagli» quasi a sottintendere una fuga da
Genova, il bisogno di lasciare la vita tumultuosa e ricca di stimoli culturali
e di gratificazioni economiche, ma anche di accese dispute concorrenziali, per
la più pacifica terra del Tigullio dove poté operare in un regime di monopolio
del mercato artistico locale per diversi anni. Castelnovi vede nella “fuga” di
Teramo da Genova una sua presa di coscienza della distanza incolmabile che lo
separava dalle nuove “maniere” che si stavano affermando anche in questa città.
La presenza di un elevato numero di opere
firmate, attribuibili o ricordate nei documenti, collocate in borghi e villaggi
del chiavarese e una notevole attività quale affreschista fanno intuire la sua
permanenza in una bottega nella quale troviamo come aiuti i suoi figli Agostino e Cattaneo
entrambi pittori. Le notizie sull’attività artistica dei figli sono assai
scarse. E' noto il pagamento (1572) ad Agostino di una ancona per la chiesa di
San Martino di Zoagli, identificata dall’Algeri con la pala con la Madonna
con il Bambino fra i santi Erasmo e Leonardo, protettori dei marinai.
L’attribuzione è stata peraltro contestata da Lauro Magnani, che la assegna a Luca
Cambiaso.
Il territorio di
Rovereto, con le chiese di San Pietro, di Sant'Andrea e il santuario di N.
S. delle Grazie, divenne il centro principale della sua attività. Per la
chiesa di San Pietro dipinse un trittico con San Pietro in cattedra fra i
santi Giovanni Battista e Andrea: del trittico, rubato, restano soltanto la
cimasa con l'Annunciazione e l'Ecce Homo. Nella chiesa di
Sant'Andrea dovevano esserci almeno due polittici di Teramo le cui tavole furono utilizzate per realizzare gli
sportelli degli armadi della sacrestia, mentre i pannelli più piccoli
finirono a Genova dai rigattieri.
A Chiavari, nella
parrocchiale di San Pier di Canne, è andato perduto, con i rifacimenti della
chiesa del 1781, un ciclo di pitture ad affresco, citatato anche dal Garibaldi,
di cui i Remondini hanno visto alcune tracce nei fondi della canonica. Nella
stessa chiesa, c’ era un trittico di Teramo, una Madonna col Bambino che stringe un
pomo tra i Santi Sebastiano e Rocco, che fu venduto per acquistare
l'organo: visto dall’Alizeri presso privati (“fra gli artigli d’un venal
compratore”), è stato trovato nel 1999 da I. Stanchi Bianchi al Museo Puskin di
Mosca.
Con la scomparsa degli affreschi di Genova e
di San Pier di Canne e con la discussa attribuzione di una lunetta posta
all'esterno di San
Giovanni Battista di Chiavari,
l'unica pittura parietale autografa di Teramo Piaggio resta quella dipinta fra
il 1539 e il 1540 nel Santuario di N.
S. delle Grazie. Probabilmente ai Vaccaro, che gli conferirono l’incarico,
parve una rara opportunità cogliere l’occasione della presenza in zona di un artista
affermato per poter manifestare il loro nuovo status sociale e politico anche
attraverso gli affreschi, in cui, comunque non pare assente un certo impulso
religioso “privato” di Teramo. Ciò che sorprende maggiormente nello studio di
questi affreschi e nell'esame stilistico di raffronto con i numerosi polittici
firmati o attribuiti al Piaggio, è la più ampia libertà di di ideazione e di
composizione, una più vivace e disinvolta tavolozza cromatica. Teramo nei
polittici rappresenta con grande realismo la modestia culturale di una
committenza costituita, in gran parte, da notabili e parroci di campagna,
attenta e preoccupata, come fanno intuire i contratti di commissione, a fissare
rigide condizioni di pagamento e di tempi di realizzazione, contenuti
iconografici assai rigidi, mutuati dalla tradizione e dal senso comune più
diffuso. Sulle pareti di N.
S. delle Grazie, l’opera migliore
del Piaggio, invece sono ben presenti i
caratteri di una formazione artistica e culturale che, per il contesto
storico-artistico in cui ha operato, appare tutt'altro che modesta (ad esempio,
in questo ciclo di affreschi sono riscontrabili derivazioni da incisioni di
Dürer).
La prima formazione del Piaggio è
tradizionalmente riferita alla figura di uno zio agostiniano, il teologo fra'
Nicola da Zoagli, amico e protettore di artisti come Luca Baudo, Lorenzo Fasolo, Ludovico Brea. Il Soprani e il Lanzi
scrissero di un apprendistato di Teramo, ovviamente in compagnia del Semino,
alla scuola del pittore nizzardo Ludovico Brea conosciuto dai due durante la
sua permanenza in Sant'Agostino a Genova.
Lo
stile del Piaggio si formò e rimase caratterizzato dalla assimilazione di
scuole diverse, ed è alla luce di un eclettismo culturale che va considerata la
sua personalità artistica in cui si avverte la presenza della scuola dei Brea,
ma, ancora di più, quella della pittura lombardo- piemontese culturalmente
dominante nella Liguria del Quattrocento e del primo Cinquecento. E’
avvertibile, anche se in misure alterne, la scuola raffaellesca portata a
Genova da Giulio Romano e da Perin del Vaga. Non fu assente nella cultura
figurativa di Teramo anche la grande lezione degli artisti fiamminghi e nordici
che caratterizzò gran parte del panorama artistico genovese e ligure del tempo.
Il
Martirio di Sant'Andrea dipinto con il Semino nel 1532 per la chiesa genovese
di S. Andrea (ora in Sant'Ambrogio di Cornigliano), rivela nettissima
l'influenza del grande quadro di Giulio Romano con la Lapidazione di Santo
Stefano portato nella chiesa di Santo Stefano attorno al 1521.
La sua presenza artistica nel tratto di
Liguria compreso nell'arco del golfo del Tigullio e nel suo immediato
entroterra è davvero sorprendente. Nessun altro artista caratterizzò cosi
fortemente con la propria personalità e con la propria attività l’area del
Tigullio. Limitandoci alle sole opere comprese in questo territorio, fra quelle
autografe, quelle attribuite e quelle segnalate da fonti letterarie e storiche,
la sua attività è testimoniata:
-
nella
chiesa di S. Martino a Portofino dove si trova un trittico con i Santi
Rocco, Sebastiano e Pantaleo, o secondo altri, Giuliano o Fabiano,
che è però stato espunto dalla Algeri dal catalogo di Teramo e attribuito alla
sua cerchia.
-
a San
Quirico di Rapallo
-
a Chiavari, San Pier di
Canne, S. Margherita di Caperana
-
in San
Quirico di Rivarola di Carasco
-
in Santa
Giulia di Centaura sopra Lavagna
-
in Santa
Maria Assunta di Ne
-
nella
Chiesa di S. Bartolomeo di Borzonasca
-
in
S.Pietro, S.Andrea e N.S.
delle Grazie nel territorio di Rovereto
-
nella Parrocchiale di S. Maria di Nozarego
La tradizionale partizione in molte tavole,
l'iconografia quasi sempre frontale dei personaggi, la loro disposizione
gerarchica con al centro, spesso più grande, il santo cui è dedicata la tavola,
i soggetti ricorrenti come l'Angelo Annunciante e la Madonna Annunciata o
l'Ecce Homo delle tavole minori della cimasa, o gli Apostoli della predella,
confermavano la radicata persistenza di modelli culturali e figurativi
tardogotici. Questi modelli trovavano convinti continuatori nei massari e nei
priori di Chiese e Oratori dei borghi e delle campagne e dovettero incontrare
modesti tentativi di modifica da parte degli artisti del tempo, se anche
personalità del livello di Perin del Vaga o di Luca
Cambiaso vi si dovettero assoggettare. Non sorprende, pertanto, se un
artista come Teramo Piaggio, più che per le opere ad affresco, venga
considerato maggiormente adatto alle composte immagini dei polittici: la
critica individua in genere un parallelismo tra la modestia tecnica e culturale
dell'artista e il tradizionalismo conservatore tardo quattrocentesco delle sue
opere.
In realtà, all'interno di uno schema che offriva
pochissime possibilità di variazioni, Teramo riuscì a realizzare una propria
personalità stilistica leggibile negli elementi di novità e di individualità
spesso ricavati da una intelligente assimilazione di modelli diversi. Uno di
questi “elementi di individualità” che costituisce un dato ricorrente del suo
percorso artistico, fino a diventare una chiave di lettura precisa del suo
stile , è il paesaggio raffigurato alle spalle dei santi, sullo sfondo dei
polittici. Si tratta di un paesaggio che solo in pochi casi risente di una
inerzia iconografica. A S. Margherita di Caperana, a Santa Maria di Nè, a San
Pietro di Rovereto, a Portofino, a San Quirico di Carasco i suoi paesaggi,
seppur rappresentati in pochi centimetri quadrati di pittura, sono quelli reali
delle diverse località e quasi sempre descrivono l'ambiente visibile dal
sagrato della chiesa in cui sono collocate le opere. Il Piaggio doveva avere
certamente presente sia il trittico del “Maestro di Bruges” con Sant'Andrea
(1499) in San Lorenzo della Costa, sia la predella della Incoronazione
della Vergine di Ludovico Brea in Santa Maria di Castello a Genova,
entrambi con lo sfondo del monte di Portofino. Teramo assimila la lezione dei
fiamminghi e del maestro provenzale (anche se alcuni attribuiscono la predella
di S. Maria di Castello al pavese Lorenzo Fasolo) ma
la rilegge a suo modo depurata da ogni decorativismo, priva di quel gusto
analitico caro ai fiamminghi. Dipinge i paesaggi scarni, lineari, di getto, come
se lavorasse “en plein air”, fedele alla realtà ligure nella immediatezza di forme e
colori. Per gli artisti del suo tempo la
tavolozza disponibile rifletteva le possibilità economiche dei committenti e, proprio per questo, la mancanza o la scarsità di blu in quasi tutte le sue opere è
da attribuirsi più all'alto costo del colore ricavato, come è noto, dal
lapislazzuli, che ad una scelta stilistica. Teramo con continuità fece uso di
colori terrosi dove erano prevalenti il verde bluastro quasi sempre
contrapposto al giallo, e alla gamma dell’ ocra. I suoi colori raggiungono nei
paesaggi e riflettono anche nelle figure un’ esaltazione cromatica
dell'ambiente ligure presente nei riflessi verdastri degli ulivi e delle
pinete, nelle variazioni limacciose, giallastre, dei fiumi, nei blu-verde del
mare, nell’azzurro pallido del cielo.
L’attenzione
al paesaggio reale e i suoi colori tipici ritornano anche negli affreschi di N.
S. delle Grazie e costituiscono il migliore riferimento per dissipare ogni
dubbio sulla loro attribuzione e per escludere la presenza di altri artisti che
non siano i prevedibili aiuti di bottega.
Altre opere di Teramo Piaggio nel Levante ligure
In Chiavari gli è attribuito
un affresco nel lato esterno destro di San
Giovanni Battista con la Madonna con il Bambino, S. Giovanni Battista e S. Marco. L’affresco, di attribuzione incerta, è stato anche
attribuito al pittore pavese Lorenzo Fasolo e a Giovanni Mazone.
In San Pier di Canne realizza un ciclo di
affreschi, di cui si è riferito sopra.
Nella parrocchiale di S. Margherita di
Caperana si conserva un pregevole polittico datato 1537 con la Madonna e il
Bambino, S. Margherita e S. Giuseppe, o secondo altri, S. Simone,
sormontati da una lunetta semicircolare con l'Eterno Padre; nello scomparto
centrale è l'iscrizione (secondo la trascrizione di E. Parma): “HOC OPUS FACTUM
FUIT TEMPORE/ MASSARII STEPHANI DE MOFITO ET/ LUCHO DE BRIGNORE 1537/
THERAMUS DE PLAZIO PINSI”.
La parte più interessante è la lunetta in cui
il Padre Eterno è dipinto piegato in avanti nella ricerca di un effetto
prospettico e di un collegamento tra la parte superiore e quella inferiore del
polittico. In questo Teramo mostra di aver conosciuto il polittico di Sant'Erasmo
di Perin del Vaga precedente soltanto di uno o due anni.
Nella chiesa di S. Quirico di Rivarola di
Carasco è il trittico con i Santi
Quirico e Giulitta, Rocco e Sebastiano o
Bartolomeo attribuito al Piaggio dalla generalità della critica.
Nella parrocchiale di Santa
Giulia di Centaura è il polittico con il Santo Volto tra i Santi Gottardo e
Leonardo, Lucia e Nicola, ecc., considerato erroneamente dall’Alizeri
opera di Giovanni Mazone e attribuito a Teramo Piaggio dal Garibaldi e
dal Castelnovi.
Nel coro della chiesa di S. Maria Assunta di
Ne è conservato un polittico con la Madonna col Bambino tra i Santi Michele
e Bernardo datato1546, ma senza autore: attribuibile a Teramo per le
notevoli ed evidenti affinità compositive, formali e cromatiche con le sue
opere certe. La Madonna è posta fra San Michele Arcangelo e San Bernardo Abate,
nella predella Cristo fra gli Apostoli, nella cimasa l'Ecce Homo e due Santi,
La Vergine in trono ha caratteri analoghi a quelle di Savona (la Madonna del
Rosario in San Domenico) e di S. Margherita di Caperana; del tutto simile è
il panneggio della veste che copre le gambe leggermente allargate per
accogliere il Bambino. Il volto ovale della Vergine con lo sguardo abbassato
risente in modo particolare delle Vergini lombarde, di Bernardino
Fasolo in particolare. Una sorprendente analogia è riscontrabile fra questa
Madonna e quella affrescata in N.
S. delle Grazie, in posizione ribaltata, nella Adorazione dei Magi.
In alcuni documenti del 1551 e del 1552 si
ha notizia della realizzazione di una ancona con San Bartolomeo e Santi
dipinta per la chiesa di S. Bartolomeo di Borzonasca in collaborazione con il
pittore veneto Nicolò Vespasiano.
Per la parrocchiale di S. Maria di Nozarego
sopra S. Margherita, dipinge nel 1555 una Maestà della Vergine, l’ultima
sua opera documentata .
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